Intervista a Sacha Zala, terza puntata: i Valposchiavini come “supersvizzeri”, Il Bernina

Estratto dall’intervista a cura di Maurizio Zucchi al prof. Sacha Zala, direttore dei Documenti diplomatici svizzeri ed ex presidente della Pro Grigioni Italiano.

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Cambiamo argomento: alla NZZ hai detto che l’italiano nel Cantone dei Grigioni è a volte bistrattato e quindi hai sentito il dovere morale di impegnarti per i diritti della minoranza grigionitaliana. Come riassumeresti in poche parole questo “essere bistrattato”?

Beh, intanto già a livello grammaticale! A volte le traduzioni che si leggono di documenti dal tedesco sono assolutamente tremende. Ma anche nelle piccole cose. Basta immaginare la Ferrovia Retica: l’autopostale Tirano–Lugano ha un percorso 100% su territorio di lingua italiana. Il volantino per il viaggio è soltanto in tedesco e in inglese. E addirittura la scritta sull’autopostale stesso è in tedesco.

Nei rapporti burocratici l’italiano è una lingua secondaria. All’Archivio federale rarissimamente trovo documenti in italiano. C’è un assoluto pragmatico menefreghismo verso la lingua italiana. Con una punta polemica sostengo che paghiamo le conseguenze della strategia di assimilazione dei romanci. Gli svizzeri tedeschi sono convinti che siamo tutti bilingui e sia quasi un nostro vezzo voler parlare l’italiano. Non si rendono per niente conto della fatica immane che dobbiamo compiere giorno per giorno per far funzionare le cose nella loro lingua…

Un momento importante per me è stato quando una ragazza bregagliotta (alla quale poi abbiamo conferito il Cubetto Pgi) ha fatto ricorso contro l’esame per accedere al ginnasio, esame assolutamente discriminante verso gli italofoni. Vincendo il ricorso ci ha mostrato che fare qualcosa per strategia economica è una cosa, farsi deprivare dei propri diritti un’altra. E qui noi siamo stati forse lungamente troppo accomodanti.

Si parla della possibile chiusura o di un forte ridimensionamento della scuola professionale a Poschiavo. Come possiamo evitare queste situazioni in futuro? A tuo avviso è una questione più tecnica o più politica?

È veramente un grosso problema al quale la politica deve trovare una risposta. È un aspetto simile a quello che dicevamo prima sulla maturità in tedesco. A volte addirittura i valposchiavini che studiano in tedesco percepiscono l’italiano come se fosse una lingua inferiore perché per forza di cose manca loro il vocabolario specialistico nella propria lingua madre… 

Il problema della scuola è esplosivo: le strategie individuali di successo hanno logiche radicalmente diverse rispetto agli interessi della propria comunità linguistica. Un nostro radicale bilinguismo tedesco-italiano, anche se promette buoni sbocchi professionali, non farebbe altro che indebolirci quale gruppo linguistico. Mi inquieta poi dover constatare che se si tolgono i valtellinesi dalle classi della Scuola professionale (che vengono qui da ogni dove) i nostri siano quasi assenti. E anche a livello di maestri nelle scuole in generale i nostri vanno altrove e siamo costretti a ricorrere agli italiani. Non è un problema che vengano gli italiani ma che i nostri non vogliano o non possano restare. La battaglia non è più solo linguistica-culturale è ormai anche di sopravvivenza numerica, Viviamo anche noi, come d’altronde tutto il pianeta, un forte processo di migrazione verso i centri urbani. Con la Costituzione del 1848, i padri fondatori del nostro Stato federale, fissando il principio della territorialità linguistica trovarono un buon equilibrio per le minoranze in una società allora ancora fondamentalmente ancorata al proprio territorio. Ma oggi, a cosa ci serve il principio della territorialità se non abbiamo nessuna nostra città di lingua italiana?

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